Pista bianca

Mi chiamo Sardonico Giuseppe, Peppe ’o cammeo per gli amici, e sono agente di Polizia locale volante. Faccio parte di un selezionatissimo gruppo di manovra, pronti all’occorrenza a supportare picchi di operatività fuori media; insomma, tappiamo buchi quando capita. Siamo uomini di azione, abituati ad arrivare dove è richiesta la nostra presenza in un baleno. L’ultima convocazione recitava: scrivere un racconto per il #23APRILE, la Giornata mondiale del libro. e ambientatelo in uno degli hotel #GBH.
Io mi sono fiondato a Courmayeur e ho scelto l’Auberge de la maison, e il racconto sta qua, felice in mezzo a 40 racconti di autori bravi.
Ora, non fate le solite domande sceme tipo tu che ci fai in mezzo agli autori bravi ma andate, scaricate e leggete. Poi fatemi sapere, ho ancora tante storie da raccontarvi.

È un periodo che se ne va via (ovvero Gianni Togni e L’occhio del purgatorio)

Perché, da qualche giorno, mi ronza in testa Ma per Dio di Gianni Togni? Il mio subconscio cerca di dirmi qualcosa oppure è la gastrointestinale che gira?
Più probabilmente la seconda, visto gli attacchi determinati e concentrici a cui sono stato sottoposto nelle ultime settimane. Eppure.

Eppure sono andato su youtube e sono andato a riascoltarla, questa benedetta canzone, e in breve è diventata necessaria come il caffè per cominciare la giornata. A dire il vero, io non ho mai amato Gianni Togni. Però faceva parte dello sfondo sonoro degli anni belli, quando canticchiavi pure Baglioni e subito dopo urlavi a squarciagola una qualunque degli Inti Illimani per darti un tono. Oppure L’avvelenata di Francesco Guccini, giusto per contrapporre questa gloria da stronzi a quella sua maglietta fina.

ma io questi anni non li capisco
vivo come mi e’ possibile
non so piu’ cosa e’ giusto

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Lettere da uno sconosciuto

Lettore sconosciuto di Nocera Inferiore che hai richiesto Sirena. Viaggio umoristico nel ventre di Napoli  allo sconosciuto libraio della tua cittadina, io ti voglio bene, perché investi tempo e denaro in un libro di un autore che non conosci. Vorrei parlarti, chiederti cosa provi a puntare le tue emozioni su un romanzo che parla di Napoli e si dice umoristico. Vorrei offrirti un caffè e parlare di letteratura, della pioggia che bagna troppo o di quello che vuoi.

E tu, libraio sconosciuto che hai contattato la casa editrice Homo Scrivens per la spedizione, proponendo addirittura un pagamento anticipato, io ti apprezzo, perché investi tempo e denaro in un gesto che ti farà guadagnare solo pochi centesimi. Vorrei parlarti e chiederti della crisi, dei lettori di best sellers e perché non si legge più. E offrirti un caffè, libraio sognatore.

Infine tu, sconosciuto distributore che non parli del libro mio e delle altre opere delle piccole case editrici nonostante il servizio contrattato, io ti schifo nel profondo. Vorrei parlarti e chiederti in che consiste il tuo lavoro, se distribuisci le schede dei libri nostri, se quando ti ordinano un libro ti fai in quattro per consegnarlo o fai orecchie da mercante. E magari offrire un caffè pure a te, ché a Napoli un caffè non si nega a nessuno.

# chifadasefapertre? #megliosolichemaleaccompagnati
#Sirena

Favorite!

Non si tratta solo di cibo. Non si tratta solo di cultura. Quando a Napoli si apparecchia una tavola si mette sempre in conto di avere un ospite, un amico, un estraneo a cui dire: favorite! Che significa: mangia con me, dividiamoci un pezzo di pane, stiamo insieme per pochi minuti ma stiamo insieme.
Con Napoli a tavola in cento parole tentiamo proprio di venire da ognuno di voi e dire: favorite. Io parlerò, in rima, di cotiche e fagioli. Leggete i racconti, le poesie, ammirate le ricette. State a tavola con noi, insieme non invecchieremo mai.

E da voi, come si dice?

https://goo.gl/cE3khU

Cronaca di una sfiga annunciata

 

Quando cominciai a carezzare l’idea di presentare Sirena a Milano vedevo già scorrere le prime immagini di Mission Impossible. I problemi erano fondamentalmente due: chi lo avrebbe potuto presentare e, soprattutto, dove.
Avevo solo una necessità imprescindibile, il locale doveva essere al centro di Milano. Ma non un centro qualsiasi, il centro centro. Dalle parti della Scala, per intenderci. Ci ho messo mesi: le librerie facevano orecchi da mercante e i locali lì intorno chiedono cifre impossibili. Alla fine, complice la collaborazione di un amico, tutto si è incastrato per il meglio. C’era il locale, un relatore, un letto. Mancavano solo gli ospiti, ma la macchina degli inviti stava già lavorando a pieno ritmo.
Peccato che a pochi giorni dalla data un relatore alla volta mi abbiano comunicato il loro forfait e anche l’amico che mi avrebbe dovuto ospitare sarebbe stato impossibilitato a farlo. E poi c’erano alcune difficoltà per l’editore a vendere i libri. Insomma, nel mio piccolo, la catastrofe.

Però ci sono gli amici. E gli amici degli amici. Quelli che chiamano all’ultimo momento e pescano dal mazzo un relatore, anzi, una straordinaria relatrice. Quelli che ti ospitano e poi vogliono sapere quando il treno è arrivato, così non stanno preoccupati. E poi quelli che vengono alla presentazione, ti abbracciano e la paura e il panico possono solo squagliarsi e lasciarti andare. Quelli che invitano altri amici interessati, quelli che ti fanno mille domande e ancora mille. Quelli che ti carezzano con lo sguardo e brindano col sorriso leggero. Quelli che ci sono sempre, anche se non vi sentite mai. Quelli che la vita ti mette sul ciglio della strada ed è una gioia portarli a bordo. Quelli lì, insomma, il pane e il companatico, l’insalata e il condimento, il bruco e la mela.

Eccoli in tutto il loro splendore, e se vi sembrano meravigliosi è perché lo sono.

Per non parlare di chi mi è stato vicino sul palco.

Marco Morganti
Marco Ratti
Antonella Zanca e Aldo Putignano
Adriana Pepe

Senza retorica, e il cuore pieno, grazie Milano. Mi hai mostrato il tuo grande coeur in man, ma non avevo dubbi.

(Tutte le altre foto di Una Sirena a Milano le trovate qui.)

#unasirenaamilano

Dice: usiamo l’hashtag e facciamo girare l’evento.
Dico: io mi accontenterei di segnalarlo una volta e chi vuole venire viene.
Dice: vabbè, ma se non diamo una spinta nessuno lo viene a sapere.
Dico: più che una spinta io sarei per una tuppetiata, un tocco lieve di indice sulla spalla, un suggerimento sottovoce…
Dice: bravo,qui tutti urlano e così non ti sente nessuno.
Dico: ma non potrebbero leggersi il libro e facciamo pari e patta?
Dice: no.
Dico: e allora?
Dice: allora usiamo l’hashtag.
Dico: hai la voce roca, vuoi un’aspirina?
Dice: che?
Dico: paracetamolo.
Dice: vabbè, ho capito, sei un dinosauro.
Dico: sì, ma un dinosauro gentile.
Dice: ecco, bravo, così ti estinguerai sussurrando Oh my God!
Dico: dopo il tè delle cinque, mi raccomando.
Dice: sì, sì, trova un hashtag e fallo girare.
Dico: ho un chihuahua tra le mani, va bene lo stesso?
Dice: assolutamente no.
Dico: sterilizzato e chippato.
Dice: no.
Dico: dove lo trovo un hashtag, al canile?
Dice: no, a casa di tua sorella.
Dico: quale, la grande o…
Dice: facciamo una cosa, te lo do io, l’hashtag, basta che la finiamo qui.
Dico: vabbè, ma non è il caso…
Dice: #unasirenaamilano

Dico: che?
Dice: #unasirenaamilano
Dico: che roba è?
Dice: l’hashtag di tua sorella la grande, buonanotte.
Dico: #unasirenaamilano, hashtag, mia sorella, buonanotte. Questi markettari non stanno bene. Hashtag… pare il catarro di Barry White. Bah.

#unasirenaamilano fai girare

Esiste una scala del panico?

 photo DEFCON_forweb_1.jpg

Io ora sono su quel ponte. Ho voluto fortissimamente portare la mia Sirena a Milano, la città da cui tutto ha inizio, per farla conoscere ai colleghi, agli amici. Ho voluto la bicicletta e ora devo pedalare, controvento, alle spalle il vento dell’emozione bella e davanti il muro della paura di cadere.

M’è venuto di scrivere un romanzo, una guida ai luoghi comuni di una città fuori dal comune. Si parla di Napoli con umorismo e passione ma, come spesso accade, si parla di noi, della nostra vita, di com’è e come vorremmo che fosse. E ora la porto a Milano. Porto con me Claudio Graziani, il protagonista, che per trent’anni ha vissuto lì. E Nino e Ninetta, Flora, Galeazzo della Pirchipetola e tutti gli altri. Sono più di cento e non vedono l’ora di conoscere chi ha sopportato Claudio Graziani per tutti questi anni.

Per questo ho bisogno di voi, amici milanesi. Per questo ho bisogno che invitiate altri colleghi e amici e che veniate alla festa. Per questo ho bisogno di tutto il vostro cuore, per sedare il mio e riportarlo a pulsazioni normali. Niente paura, per ora sono solo a DEFCON 1, ma il 30 settembre è pericolosamente vicino.

Quindi vi aspetto, tutti. A Napoli si dice: cchiù ne simmo, cchiù belli parimmo. Non sto a tradurre, è un invito alla festa e alla bellezza dello stare insieme. Che poi, in fondo, è il sapore della stessa vita.

A mercoledì 30, ore 17, a due passi dalla Scala (largo Belotti anglo via Clerici), nel salone di Banca Prossima.

Aurelio

 

Qui c’è l’evento facebook, e se cliccate su “partecipo” ci divertiamo di più
https://www.facebook.com/events/1491221377855698/

 

Qui potete farvi un’idea del romanzo
http://www.liberarti.com/schede.cfm?id=4182&sirena_viaggio_umoristico_nel_ventre_di_napoli

 

Qui… beh, se proprio non potete aspettare
http://www.amazon.it/Sirena-Viaggio-umoristico-ventre-Napoli/dp/8897905587/

Napoli si racconta

Raccontare Napoli. Un’impresa titanica, da far tremare le ginocchia, la mascella e gli accessori tutti. Poi che c’entro io che sono cafone di provincia e mi sono inventato un quartiere.
Raccontare Napoli. Una cosa facile, due parole su mandolini, pizza fritta e putipù, e te la cavi. Una mezza parola sulla camorra e soprattutto tante risate. Ma chi ci crede?
Raccontare Napoli. La città che brucia, ogni giorno un falò di monnezza e vanità. Un mito che si ricrea ogni giorno dalle sue ceneri, la bella addormentata scippata sull’R2. Ma pure canto, teatro e letteratura nuovi, sguardi critici e mai banali.
Raccontare Napoli e amare Napoli odiandola ogni giorno, maledicendo il pressappochismo, il vulimmece bene, lo sgambetto quotidiano, il fatte ‘e cazze tuoie, tutte quante avimma campà.
Raccontare Napoli e desiderare la normalità, uno scambio culturale con Berna senza passare per Chiasso e soprattutto per Casino.
Raccontare Napoli, e meno male che c’erano Pino Imperatore e Antonio Menna a tenere alta la bandiera, troppo occupato io a fare ciao ciao con la manina.
Raccontare Napoli a Francavilla al mare, una cittadina deliziosa che ci ha accolti con un affetto d’altri tempi, quando si andava più piano e l’ospite non puzzava dopo tre minuti. Con un sindaco davvero in bicicletta, un ex consigliere regionale che ti stringe la mano senza il classico “lei non sa chi sono io” e per saperlo abbiamo dovuto scomodare il Mossad (abbiamo provato con i servizi segreti italiani ma la Sip ha risposto: “L’utente chiamato ha cambiato acronimo…”). Con persone vere e sorridenti. Una Libreria Mondadori Francavilla deliziosa. Un lungomare infestato dalle biciclette e un tramonto all’incontrario.
Raccontare Napoli grazie a Marco Proietti Mancini che ha dimostrato una volta ancora la bellezza dell’integrità (che avevate capito…) e Carla Porcaro, amica nuova e garibaldina, che hanno organizzato, dal niente, un magnifico omaggio a una città che non ha ancora imparato ad essere, responsabilmente, ‘O paese d’ ‘o sole.

Una connola di luna

Presentazione di 081 di Luca Delgado alla Bottega delle parole, San Giorgio a Cremano

A volte è faticoso trovare una spiegazione nel libro della vita. Altre volte no, hai la fortuna di capirlo subito. Oggi pomeriggio ho presentato con Francesca Gerla 081, il nuovo romanzo di Luca Delgado.
Non è stata la solita presentazione di genere (sì, oltre ai libri di genere ci sono le presentazioni di genere, ma ne parleremo un’altra volta), ma un dialogo divertente e interessante. Per gli spettatori che ho visto ridere con gioia e per noi che abbiamo tre visioni diverse dello stesso libro e che abbiamo apprezzato e trovato sorprendenti le altre. Una presentazione ricca e generosa nella Bottega delle parole, una libreria aperta da poco e gentile come la sua titolare, la vulcanica Miryam Gison (speriamo di azzeccare il nome più dell’impiegato all’Anagrafe).

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